Da ex deposito a nuova sede di Westway Architects

Luca Aureggi, Maurizio Condoluci e Laura Franceschini dello studio Westway Architects, attraverso il racconto dell’intervento di ristrutturazione di un ex deposito di 500mq, ora divenuta la sede del loro studio a Roma, ci svelano il loro approccio al mondo del progetto.

Westway diventa una vera e propria linea guida e la caratteristica principale della nostra professione: ovvero avere sempre uno sguardo che con curiosità scruta e si interroga sul mondo che ci circonda. Dopo una prima esperienza a New York abbiamo ripreso la via dell’Occidente! Abbiamo volutamente non essere referenziali e presentarci come uno studio che lavora integrando le rispettive competenze”, sottolineano i Westway Architects.

Ogni progetto di Westway Architects è il punto di partenza per ascoltare le tracce del luogo come stimolo per formulare un pensiero e trovare soluzioni che si proiettino con valore nel futuro. Soluzioni mai standardizzate legate da una filosofia progettuale coerente - che punta sempre al dialogo con le altre competenze amplificando la professionalità di tutti;

Quando abbiamo visto per la prima volta l’immobile ci è sembrato innanzitutto l’immagine iconica della casa, quella che abbiamo disegnato tutti da piccoli: questo essere in grado di esprimere e rappresentare una delle immagini fondanti dell’abitare è stato il primo pensiero che ci ha attratto. Venivamo dopo quindici anni trascorsi in uno studio molto fascinoso accanto a Palazzo Sacchetti, in Via Giulia, ed eravamo in cerca di una diversa spazialità meno chiusa e delimitata come invece spesso succede negli edifici storici. Appena abbiamo visto questo spazio ci è sembrato subito interessante, anche se dentro c’erano cumuli di macerie attraversati però da una meravigliosa luce caravaggesca: ci è sembrato più che uno studio tradizionale, una sorta di laboratorio. L’impegno di trasformazione è stato tuttavia importante.”, sottolinea Luca Aureggi.

Situato nel cuore del vibrante quartiere San Lorenzo questo spazio nasce inizialmente come laboratorio e dopo alcune modifiche - come la copertura che in parte diventa lucernaio - si è trasformato in loft moderno dallo stile industriale.

“Non si ‘arriva’ a San Lorenzo, ma si ha proprio la netta percezione dell’”entrare”. San Lorenzo è limitato dai binari della stazione Termini, che ne costituiscono un vero e proprio confine, un bordo appunto. Arrivando, invece, da Porta Pia, si percorre viale Pretoriano e si entra a San Lorenzo attraverso le arcate praticate sulle mura Aureliane. Anche qui, appunto, si entra. E ci sono le mura Aureliane a ricordarci il confine, il bordo. Questa natura di luogo in cui entrare, quindi, è fortemente indotto dalla presenza di veri e propri “bordi” che cingono questo straordinario pezzo di città, quasi ad enuclearlo, a renderlo, cioè, un ‘borgo’ a sé”, puntualizza Maurizio Condoluci.

“Reti 15 nasce in quello che era un grande magazzino e un laboratorio. Il progetto ha conservato l’anima dell’edificio originale in quanto solo alcuni elementi sono stati modificati, in particolare la copertura, che diventa la principale fonte di luce per gli spazi sottostanti, una luce naturale diffusa che inonda ogni stanza. Le due testate dell’edificio raccontano invece il rapporto con la città: la copertura scompare e il cielo di Roma entra nell’edificio. Quando abbiamo fatto il progetto di trasformazione, abbiamo pensato di realizzare due vuoti che permettessero di far entrare la luce. Li abbiamo limitati con due facciate vetrate. Abbiamo creato sui due lati corti un doppio filtro, con un piccolo giardino esterno – oltre alla facciata su strada - che ha permesso di insonorizzare l’ambiente. Incredibile è stato lo stupore di vedere, cosa inaspettata ma straordinariamente importante e fondante oggi, che nella prima facciata vetrata verso via dei Reti l’intero palazzo fronti stante ci si rispecchiasse. In sostanza sembra proprio il materializzarsi immaginifico di un approccio in cui la città si proietta dentro lo studio in modo inclusivo. L’immagine della città e l’immagine dello studio con la sua profondità si miscelano in un indecifrabile, onirico e inaspettato fotomontaggio reale che non permette di distinguere il reale dal proiettato, come se vi fosse già una indissolubile congiunzione definita tra di essi. Questo proiettarsi dentro, riflettersi, può essere proprio considerato emblema di una relazione che vorremmo osmotica e inclusiva, offrendo al quartiere la nostra capacità di lettura e trasformazione”, racconta Laura Franceschini.

Oggi una porzione di Reti 15 diventa Officina Retiquindici, un ambiente creativo e una versatile location per eventi aziendali, artistici, feste private, esposizioni, sfilate, workshop e molto altro. Si estende su due sale, una di dimensioni maggiori di 123mq e l’altra di 80mq, più intima, ideale per eventi privati. Entrambe le sale, dal design industriale e moderno, sono libere da barriere architettoniche e dotate di connessione internet.

La cura delle tracce del luogo che riportano all’attualità la preesistenza, si ritrovano anche nei principali progetti realizzati da Westway Architects: la Cantina Santa Margherita a Portogruaro, l’edificio in viale Monte Grappa a Milano, il Villino sede di Italiana Costruzioni e i recenti progetti in Etiopia.

“Per il complesso produttivo della Cantina Santa Margherita quello che siamo riusciti a creare è proprio un luogo. Il contesto era ben definito e complesso con funzioni, percorsi e flussi di cui una grande azienda necessita e che mai si sono fermati. Rispettando quelle necessità abbiamo riletto lo spazio e trasformato quello che era un luogo di lavoro in un luogo identitario per l’azienda e per i suoi operatori”, spiegano gli architetti.

Una vera sfida progettuale è stata la ristrutturazione del Villino dei primi del Novecento sul sedime di una domus romana per trasformarlo in una sede istituzionale di Italiana Costruzioni a Roma.

“Scavare e trovare la domus romana ha creato una connessione con il passato e la possibilità di trasformare quel passato in futuro. Questo ha generato una ricerca sempre tesa a restituire quegli spazi alla vita quotidiana, a renderli visibili rispettandoli in tutto il loro infinito valore.”

L’edificio di Milano in viale Monte Grappa è stata una grande opportunità per i Westway di poter raccontare la loro idea di abitare contemporaneo e la nostra capacità di trasformazione di un edificio esistente in un edificio contemporaneo e funzionale.

“Guidati dalla storia dell’edilizia residenziale milanese, nell’organizzazione delle abitazioni e nella realizzazione di ampie terrazze private, abbiamo seguito lo stile e le caratteristiche degli antichi edifici a ballatoio che disegnavano la città di Milano.”

I progetti in Etiopia sono stati per i Westway un momento di grande riflessione, sia quando sono collocati all’interno della città di Addis Abeba, come l’Headquarters di BGI, sia quando sono ubicati in territori ancora non urbanizzati con una natura rigogliosa che domina il paesaggio e che impone le sue regole.

“Per l’Headquarters BGI abbiamo seguito il lotto, deformato l’incursione della fermata della metro e il nuovo edificio è diventato un vero fronte urbano, tecnologicamente avanzato per gli standard della città. Ci siamo posti come un vero Landmark al centro di Addis creando una nuova visione per lo sviluppo urbano della città.”

Per le nuove strutture ricettive in fase di realizzazione sempre in Etiopia, creare un progetto sostenibile, resiliente e assolutamente integrato con il contesto è stato l’input che ha guidato tutta la fase di progettazione.

“Impattare il meno possibile per non lasciare la nostra impronta o il nostro segno grafico sul terreno, ma creando strutture che rispecchino la tradizione e che le persone possano riconoscere”, affermano i Westway.

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